Jean-Christophe Lafaille, nato il 31 marzo 1965 a Gap e morto il 26 gennaio 2006 sulle pendici del Makalu in Nepal, è stato un alpinista francese. Era "garante internazionale" per l'associazione Mountain Wilderness. Sposato due volte, è padre di due figli: Marie con la prima moglie Véronique (Lafaille ha dato il suo nome a una vetta himalayana di 6.250 metri, il Mari Ri) e Tom con la seconda moglie, Katia (una strada del Nanga Parbat è prende il nome da suo figlio).
Jean-Christophe Lafaille, originario di Gap, ha iniziato ad arrampicare all'età di 7 anni. Da adolescente si è ispirato ai libri di Walter Bonatti e Reinhold Messner. Partecipa a molte gare di arrampicata sportiva. Guida di alta montagna, Jean-Christophe Lafaille insegna alla Scuola Nazionale di Sci e Alpinismo, è anche membro del GHM. La spinta finale arrivò solo nel 1990 con la scoperta dell'arrampicata “in solitaria” in condizioni invernali. Nei mesi più freddi di quello stesso anno, ha salito la Via Bonatti sul Grand Capucin, la Sud du Fou, la Directe Américaine des Drus e altre grandi classiche, anche se per i posteri queste salite sono state eclissate dalla prima solitaria dal " Divina Provvidenza" al Grand Pilier d'Angle del Monte Bianco, via classificata come la più difficile dell'intero massiccio. Lo completa realizzando un preciso sogno delle ex guide dell'azienda di Chamonix. In un'intervista al quotidiano Le Monde, ecco cosa aveva da dire sui Drus: "Ho pensato che, quando sono una ex guida, sarebbe bello poter dire a me stesso che ho fatto 'la mia strada' oltre là - È una montagna simbolica, è il laboratorio della difficoltà sulla montagna».
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Nell'ottobre 1992, per la sua prima esperienza in Himalaya, parte con Pierre Béghin per affrontare la parete sud dell'Annapurna (8.091 metri) in "stile alpino", cioè senza ossigeno. nessun campo alto. A quota 7.100 metri, a causa di un'ancora di calata che ha ceduto, Pierre Béghin è morto precipitando, portando con sé tutta la sua attrezzatura. Lafaille ha impiegato cinque giorni per scendere da solo con un braccio rotto da una frana. Secondo Messner avrà dimostrato “la capacità di sopravvivere che fa i grandi alpinisti”. Soffrendo di una forma di colpa del sopravvissuto, si credeva responsabile della morte di Béghin al suo ritorno in Francia.
Nell'inverno 2000-2001 ha percorso in solitaria la via più difficile delle Alpi, sulla mitica Ouest des Drus. Il suo stile lo costringerà a lavorare come una formica, avanzando solo cento metri al massimo al giorno e trasportando settanta chili di attrezzatura, fino a completare gli ottocento metri di pista. Ha tentato l'impresa di diventare il primo francese a scalare le quattordici vette oltre gli ottomila metri ma è scomparso il 26 gennaio 2006 mentre tentava la prima solitaria invernale del Makalu, il suo dodicesimo ottomila. Ha al suo attivo undicimila e ottomila salite senza ossigeno e la maggior parte in solitaria.